Il 5 luglio 2003 il Sacro Monte di Belmonte unitamente agli altri Sacri Monti Piemontesi di Crea, Domodossola, Ghiffa, Oropa, Orta e Varallo, nonché quelli Lombardi di Ossuccio e Varese in Lombardia sono stati riconosciuti "Patrimonio mondiale dell'Umanità" dall'UNESCO. Detto riconoscimento veniva sancito da un Comitato internazionale di esperti che così si esprimeva: "I nove Sacri Monti di questa regione dell'Italia settentrionale sono formati da gruppi di cappelle e di altri elementi architettonici, eretti fra la fine del XV e l'inizio del XVIII secolo, dedicati a vari aspetti della fede cattolica. Oltre al loro significato spirituale e simbolico, questi complessi offrono uno splendido esempio di integrazione degli elementi architettonici nei paesaggi circostanti, disseminati di colline, foreste e laghi; inoltre racchiudono un notevole patrimonio artistico in forma di sculture e affreschi"
L'inserimento nella lista UNESCO impone "l'obbligo di assicurare l'identificazione, la tutela, la conservazione, la valorizzazione e la trasmissione alle future generazioni del proprio patrimonio culturale e naturale".
A partire dal 1712 anche la parte più elevata di Belmonte, sovrastante il santuario, divenne luogo di devozione per opera del francescano, Padre Michelangelo da Montiglio che ideò il tracciato sul quale dovevano sorgere le cappelle della "Via Crucis" percorsa da Gesù nella sua passione e, fin quando durò la sua permanenza a Belmonte, riuscì a costruire alcune cappelle, con l'aiuto sia dei pellegrini che delle Comunità locali che si impegnarono a sostenere l'onere della costruzione. Dopo la partenza di P. Michelangelo i lavori furono ripresi in seguito da altri Superiori del santuario e conclusi verso la metà del 1800. Manca del tutto la cappella XIV della deposizione in quanto fu inglobata nella costruzione del convento.
Il percorso devozionale del Sacro Monte di Belmonte è costituito da 13 cappelle raffiguranti la passione di Cristo riferibili ad un'unica tipologia costruttiva, asciutta ed essenziale, con un'aula, a pianta circolare o quadrilatera, preceduta da un pronao da cui si assiste alla scena sacra.
Dagli scavi archeologici compiuti è emerso che la collina di Belmonte fu abitata dall'uomo fin dal periodo del Bronzo finale e nella prima età del Ferro. Si ha pertanto testimonianza di come esistesse un grande insediamento lungo i declivi più dolci dove si cacciava, si allevava bestiame, si macinava le granaglie - frumento, orzo e miglio - e si cuocevano i cibi nei focolari delle capanne. Sono stati ritrovati anche vasellame e urne cenerarie in un piccolo avvallamento nei pressi della chiesa di S. Apollonia, luogo considerato sacro situato in prossimità della strada pedonale che collega Valperga al Sacro Monte di Belmonte.
La frequentazione dell'altura è proseguita sia in epoca romana sia al tempo dei Longobardi. Sono ancora visibili nell'area denominata del "Campass" le fondamenta di una casaforte longobarda, simile a un villaggio cinto da muro. Campagne di scavo hanno portato alla luce reperti interessanti, come oggetti di uso comune, armi e monili di fattura pregiata. Una delle sale rinvenute sarebbe riconducibile a una fucina per la lavorazione di metalli, utensili da lavoro e la realizzazione di armi.
La collina di Belmonte non ha subito i fenomeni di erosione glaciale; le rocce che la compongono, e che risalgono a oltre 300 milioni di anni fa, sono costituite da un affioramento di granito rosso a microperthite ortoclasica. Tra i minerali presenti in quantità minore nella struttura della roccia vi sono quarzo e plagioclasio e, in percentuale ancora inferiore, muscovite, biotite, ossidi di ferro, apatite e pirite.
Le precipitazioni meteorologiche e i fenomeni di erosione dovuti ad agenti fisici e chimici hanno, nel tempo, disgregato gli affioramenti rocciosi e originato le "sabbionere": strutture calanchiformi tipiche della zona, costituite da sabbia grossolana formata da quarzo e feldspati, che, a seconda delle località, assumono una colorazione rossiccio-violetta o totalmente bianca. Le sabbionere sono ben visibili specialmente lungo il versante settentrionale della collina, dove i fenomeni erosivi sono più evidenti.