Il 10 novembre del 1821, a Briga, il notaio Valentino Fest stipula la
vendita dell'Alpe Bettelmatt al formazzino Alessandro Anderlini.
Sancendo, senza saperlo, la cessione di un pezzo di Svizzera
all'italia. oggi, il luogo è bello e suggestivo come allora; nella
calda stagione è pieno di fiori e le cento/centoventi bovine che in
piena estate vi pascolano hanno a disposizione un'erba bassa, ricca di
fiori, profumi ed essenze; ne risulta un formaggio a pasta gialla,
saporito, da molto tempo conosciuto ed apprezzato. Nel 1880, infatti, viene citato nell'Inchiesta jacini come un mirabile
esempio di formaggio con panna (un miracolo per la poverissima Italia
dell'epoca). E da allora chi vuole un certo tipo di formaggio, un autentico amaro
d'alpe si contende le centocinquanta/ centottanta forme prodotte ogni
anno.
Il nome di questo formaggio d'alpeggio, da sempre in competizione con
la fontina, fu definitivamente stabilito con apposito referendum nel
1968: si identificava così il formaggio con la sua zona di provenienza,
l'Alpe Bettelmatt, a circa 2.100 metri di altitudine, sul confine
svizzero-piemontese.
Si usa il latte crudo di mucca da razza bruna, la cui eccellenza sta
nei foraggi dell'Alpe Bettelmatt di cui si è nutrita. Stagiona da un
minimo di 40 giorni a un massimo di un anno. La forma è quella classica
delle tome e fontine d'alpeggio, con un diametro di 45-55 cm. e peso
tra gli 8 e i 10 kg.
E' a volte chiamato anche Mattolina, dall'erba aromatica tipica nella
zona di produzione, che gli conferisce la colorazione gialla. Da
gustare - sia da solo che come ingrediente di cucina - in alternativa e
in comparazione con la Fontina d'Alpeggio.