Riferimenti temporali che rendono l'idea dell'eccezionalità di ciò che – dopo molti anni di lavoro da parte dell'Ente Parco – è accaduto di recente ad Alberese, in provincia di Grosseto. I ricercatori hanno assisto negli ultimi mesi alla nidificazione di una coppia di falchi, alla schiusa delle uova e, recentemente, ai primi movimenti dei pulli. Grazie ad un sistema di videosorveglianza che controlla il comportamento dei falchi e quanto avviene intorno a loro.
Con meno di un centinaio di coppie riproduttive distribuite tra la Corsica, isole Baleari, Algeria e Marocco, la popolazione mediterranea di falco pescatore costituisce un'entità vulnerabile sotto il profilo conservazionistico. In Italia la scomparsa della specie si fa risalire tra gli anni '50 e '60, probabilmente per una persecuzione diretta.
Anche in Corsica il falco pescatore ha rischiato di seguire lo stesso destino di altre popolazioni mediterranee; nel 1974 ne restavano infatti solo 4 coppie. Fortunatamente, l'adozione tempestiva e prolungata di efficaci strumenti di conservazione e controllo del territorio ha portato ad un recupero straordinario della specie, fino alla trentina di coppie attualmente nidificanti.
Il successo dell'operazione condotta dal Parco regionale della Corsica e, in particolare dal personale della riserva marina di Scandola, ha creato le condizioni perchè si potesse realizzare un progetto di conservazione coordinato, che interessasse anche le coste italiane. In questo processo si è inserito quasi dieci anni fa il Parco della Maremma, per volontà del suo presidente Giampiero Sammuri.
"Durante un viaggio in Corsica – racconta Sammuri - mi spiegarono che tutti i siti idonei per la nidificazione del falco pescatore (concentrati nelle falesie della costa occidentale) erano ormai arrivati a saturazione e la popolazione locale sembrava essere giunta al suo limite massimo di espansione. Ne parlai con il dottor Andrea Sforzi, con altri componenti del gruppo di lavoro e con gli esperti corsi; alla fine pensammo ad un progetto di lungo periodo per riportare in Italia questa specie come nidificante. Sapevamo che l'Arcipelago Toscano e la costa tirrenica centrale potevano essere luoghi ideali per una riconquista spontanea da parte del falco pescatore del proprio areale di distribuzione originario. Tuttavia nel 2002 era impossibile predire se, quando e con quali modalità avremmo potuto centrare il risultato, anche in funzione delle modifiche che l'uomo ha apportato a molti ambienti, all'accresciuta presenza di potenziali fonti di disturbo e di minaccia lungo le rotte di spostamento. Da allora sono state molte le azioni compiute sul territorio. Nei primi quattro anni si è cercato di stimolare la permanenza durante il periodo riproduttivo degli individui regolarmente svernanti in zona. In una seconda fase, avviata nel 2006 e non ancora conclusa, sono stati trasportati in elicottero - dalla Corsica al centro di involo di Bocca d'Ombrone, - ben 33 piccoli falchi, una media di 6 all'anno. Adesso la prima, straordinaria nidificazione, frutto dell'incontro tra un maschio proveniente dalla Corsica, cresciuto ed involato qui, e una femmina non censita, nata e cresciuta in natura".
Il progetto di ricostituzione di una popolazione nidificante di falco pescatore nel Parco della Maremma è stato sostenuto dalla Regione Toscana attraverso il programma Interreg III del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. L'iniziativa inoltre è stata incoraggiata sia da Legambiente (che ha il merito di aver creato i contatti con il parco regionale della Corsica) sia dal Wwf Italia, che nel 2006 ha addirittura insignito il Parco della Maremma con il prestigioso "Panda d'Oro" per il valore conservazionistico del progetto. A questo successo hanno quindi contribuito in modo determinante molte persone. Oltre al già citato Parco regionale della Corsica, il corpo di vigilanza e, ovviamente, i componenti del gruppo di lavoro. Tra questi il dottor Flavio Monti, che ha condotto la maggior parte dei rilievi di campo, oggetto di due tesi di laurea; e l'esterno Fabio Cianchi, dell'oasi Wwf Lago di Burano.
"Il ritorno di questa fragilissima specie – commenta il dottor Andrea Sforzi, responsabile scientifico del progetto Falco pescatore e direttore del
museo di storia naturale della Maremma - è di fondamentale importanza per la ricostituzione della complessa piramide alimentare che caratterizza gli ecosistemi acquatici, di cui il falco pescatore rappresenta il vertice". E infatti l'area scelta per questa straordinaria e attesa nidificazione è la foce del fiume Ombrone e il palude della Trappola, un sistema umido caratterizzato da acque basse e ricche di pesce. Ma i falchi non si sono limitati a frequentare l'area del Parco della Maremma; molti di loro si sono allontanti in dispersione e si attende il loro rientro quando avranno raggiunto la maturità sessuale; altri frequentano le numerose aree umide costiere della Toscana. Ci sono state anche segnalazioni di falchi con anelli blu e scritta bianca (codice identificativo del progetto) avvistati in aree molto più a nord. Insomma: una vera e propria ricolonizzazione, di cui il Parco della Maremma costituisce il motore principale, ma che è destinata, negli auspici del gruppo di lavoro, ad interessare una vasta area della nostra penisola.
Venerdì scorso il presidente nazionale di Federparchi e del Parco della Maremma Giampiero Sammuri ha tenuto, insieme a tutto il gruppo di lavoro, una conferenza stampa a Grosseto, presso il museo di storia naturale della Maremma, a cui hanno partecipato, tra gli altri, Fulco Pratesi, Angelo Gentili (Legambiente), i vertici del Corpo Forestale dello Stato, ma soprattutto Rai e Antenne 2, giornalisti di riviste scientifiche e di testate nazionali, oltre ovviamente a quotidiani ed emittenti locali che questa sfida conservazionistica hanno sostenuto e seguito fin dall'inizio.All'evento, che ha visto la partecipazione di una delegazione del Parco Regionale della Corsica, era stato invitato anche il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, poi rappresentato dal funzionario del Ministero dell'Ambiente Renato Grimaldi.
- SCHEDA FALCO PESCATORE -
Il falco pescatore è un uccello migratore, lungo oltre mezzo metro, con struttura massiccia e ali molto lunghe, che si alimenta di pesci e transita in migrazione sulla Maremma. In Europa attualmente presenta un areale riproduttivo continuo solo nella parte settentrionale e orientale del continente. Piccoli nuclei riproduttivi isolati sopravvivono, inoltre, in Danimarca, Germania, Francia e Ungheria e nel bacino del Mediterraneo: Portogallo, Baleari, Corsica, Algeria e Marocco. Pertanto la specie è considerata "rara" in Europa. La popolazione nidificante è stimata in 8.000-10.000 coppie, ma solo 100 coppie vivono nel Mediterraneo, localizzate in zone costiere marine, per lo più rocciose. Le ultime nidifìcazioni accertate per l'Italia si riferiscono a una coppia che ha nidificato fino al 1968-69 a nord di Porto Quao, sulla costa di Baunei, nel Gennargentu, e a una coppia che ha nidificato, forse fino al 1968, all'Isola di Marettimo, nelle Egadi, in Sicilia. Le cause dell'estinzione vengono individuate nella modificazione e distruzione dell'habitat, nell'uso dei pesticidi e nell'inquinamento delle acque, nel prelievo di uova a scopo commerciale o di collezione e nelle attività di bracconaggio e pesca illegale.
PARLA IL RESPONSABILE DEL PROGETTO ANDREA SFORZI
ALBERESE. "Ogni anno, dal 2006 ad oggi, in accordo e con il permesso delle autorità francesi ed italiane – spiega il dottor Andrea Sforzi, responsabile scientifico del progetto Falco pescatore e direttore del museo di storia naturale della Maremma - abbiamo prelevato sei pulcini (dei quali almeno 3-4 maschi) dai nidi della Riserva Naturale di Scandola, per rilasciarli nella nostra area di studio dopo un breve periodo di acclimatazione. Il motivo di una lieve prevalenza di maschi risiede nella nota maggiore filopatria (ovvero attaccamento al luogo che viene registrato come natale, per tornarvi a nidificare) di questi ultimi rispetto alle femmine. A questo va aggiunta inoltre la capacità di attrarre le femmine sul nido. La collaborazione con il Parco Regionale della Corsica è stata fondamentale per la realizzazione e la buona riuscita del progetto.
I piccoli sono stati portati in Maremma a circa 40 giorni di età, con una lunghezza dell'ala di 320 mm. A questo stadio i giovani di falco pescatore sono capaci di termoregolare e le zampe sono sufficientemente forti da consentire una postura eretta e una nutrizione autonoma sul nido. Arrivati ad Alberese ogni pullo è stato inanellato, misurato e pesato; è stato inoltre effettuato il prelievo di un campione di piume per la conferma genetica del sesso (ben evidente esteriormente solo al raggiungimento della maturità sessuale, intorno al secondo-terzo anno di età) e il riconoscimento individuale degli esemplari. La necessità di trasportare i piccoli dalla Corsica nel tempo più breve possibile ha portato sin da subito ad identificare l'elicottero come mezzo di trasporto elettivo. Giunti in Maremma, i piccoli falchi pescatori sono stati imboccati con pesce fresco e collocati all'interno delle gabbie di rilascio, nel centro di involo appositamente realizzato nell'area di Bocca d'Ombrone. Il comportamento dei piccoli e il loro stato di salute è stato seguito a distanza mediante l'utilizzo di telecamere mobili collegate con un monitor presso la direzione del Parco".
"I giovani falchi – prosegue Sforzi – si sono sempre involati tra i 50 e i 60 giorni di età, a circa due-tre settimane dall'arrivo nei nidi artificiali. Ciò è avvenuto con qualche giorno di ritardo sul normale tempo dell'involo per ridurre al minimo i problemi dei primi voli e permettere alle penne timoniere di essere sufficientemente rigide, così da sostenere una piccola trasmittente radio. Il giorno precedente al rilascio ogni falco è stato pesato, controllato e misurato. L'uscita è avvenuta in modo spontaneo. L'alimentazione è stata proseguita fino a quando non si è sviluppato in loro l'istinto di pescare. E al fine di favorire la riuscita del progetto, considerata l'ampia valenza conservazionistica di buona parte della costa della Toscana meridionale per la specie, sono stati presi contatti con gli enti gestori di altre aree protette per la costruzione di ulteriori nidi artificiali in aree prossime al Parco, per esempio la riserva naturale della Diaccia Botrona, le oasi Wwf Laguna di Orbetello e Lago di Burano ed il Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano".
"Adesso si chiude una fase del progetto – conclude Sforzi – e prende il via la vera sfida alla base dell'idea iniziale: arrivare alla costituzione di una popolazione nidificante e vitale. Gli accordi con il Parco Regionale della Corsica prevedono che le translocazioni (questo il termine tecnico) dei piccoli falchi proseguano fino almeno al 2013. Nel frattempo, assumerà un grande rilievo il monitoraggio costante degli individui presenti. Per il successo delle operazioni è stato fondamentale l'impegno e le frequenti visite in Maremma dei colleghi corsi, che hanno creduto sin dall'inizio nel progetto. Dal 2003 ad oggi il Parco regionale corso ha favorito l'espansione della popolazione locale verso l'Italia collaborando attivamente in ogni aspetto del progetto". Il Prossimo passo? "Sono già in corso contatti con il Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano, e a partire da settembre verranno costruiti alcuni nidi artificiali lungo le coste rocciose dell'isola di Montecristo, proprio laddove questa storia si era interrotta oltre 90 anni fa".