I laghi e le sorgenti rappresentano un'altra chiave di lettura importante per l'area del Parco regionale.
La
presenza sull'altopiano sommitale del Matese di ben tre laghi (Matese,
Gallo e Letino) ha determinato un meraviglioso habitat naturale; la
valle in cui si collocano è una delle più belle dell'Appennino e, nel
contempo una delle meglio conservate dal punto di vista paesaggistico.
Ciò ha portato alla designazione come Zona di Protezione Speciale ai
sensi della Direttiva 79/409/CEE.
Il lago Matese, lago carsico più
alto d'Italia, raccoglie le acque del Monte Miletto e della Gallinola
ed è importante per l'abbondante flora lacustre di giunchi e canne
delle paludi che rendono possibile la sosta e la nidificazione di una
grande varietà di uccelli acquatici. La sua rilevanza è data sia
dall'aspetto idrico, quale alimentatore di falde e fiumi sotterranei,
sia per l'utilizzo di energia idroelettrica.
I laghi di Letino e di Gallo sono stati realizzati sbarrando il corso
dei fiumi Lete e Sava e vengono ancora oggi utilizzati per scopi
idroelettrici.
Molto interessante, inoltre, il biotopo Le Mortine,
oggi Oasi del WWF per cui è stata formalizzata la richiesta per la
istituzione di una Zona di Protezione Speciale. I Cormorani
(Phaalcrocorax carbo) utilizzano i boschi mesofili dell'Oasi quale
dormitorio notturno e al tramonto se ne arrivano a contare circa 300
posati sugli alberi, mentre le Folaghe (Fulica atra), specie residente
tutto l'anno in zona, arrivano a essere più di mille, con l'aggiunta
degli individui svernanti provenienti dai paesi dell'Europa
nord-orientale.
Notevole, inoltre, la sosta invernale degli Aironi
bianchi maggiori (Casmerodius albus) che superano le dieci unità ai
dormitori notturni collocati sugli alberi di alto fusto che circondano
l'invaso.
Sono i due bastioni del Matese: il primo svetta con i suoi 2050 metri, il secondo è di poco inferiore e raggiunge i 1923 metri. Entrambi costituiscono uno scenario unico ed incontaminato essendo totalmente privi di viabilità carrabile.
Dalla cima appuntita del Miletto si contempla un panorama di eccezionale grandiosità: in basso il lago, in lontananza buona parte del Molise e dalla Campania, poi a nord le Mainarde, la Maiella, il Gran Sasso. Incomparabile la visione dei due mari Tirreno ed Adriatico.
La vetta della Gallinola è, invece, di forma tozza e sul lato meridionale vi sono tante piccole gobbe e pianori che salgono dolcemente fin sulla cima; sia il versante settentrionale che quello meridionale sono nudi e rotti da forti incisioni.
Stupendi i pianori di Campolongo, Pianellone e Camerelle.
L'unicità del "giacimento" di Pietraroja è cosa oramai assodata soprattutto per quanto riguarda i pesci, gli anfibi e i rettili.
Nei calcari ad ittioliti sono presenti oltre 20 specie di pesci di
laguna, di acque dolci, di acque salmastre e di mare aperto, tutti
stupendamente conservati con squame e lische ben evidenti.
Fra gli anfibi, è stato ritrovato uno stupendo esemplare di un antenato
delle attuali salamandre e fra i rettili due esemplari di coccodrilli e
il famoso cucciolo di dinosauro (dim.max 30 cm) comunemente noto col
nome di "Ciro".
Il
dinosauro di Pietraroja aveva affinità con i Velociraptor (ricostruiti
nel film Jurassic Park), da adulto doveva raggiungere le dimensioni di
tre - quattro metri. Dalla forma e dalla grandezza del cranio, dalla
dentatura ricca di denti aguzzi e dagli arti si deduce che doveva
essere un carnivoro abbastanza evoluto. Aveva un apparato digerente
abbastanza sviluppato e con un minimo di attenzione è possibile
scorgere l'impronta del fegato; molto accentuato è l'unghione delle
zampe che doveva servire come arma di offesa. I paleontologi Dal Sasso
e Signore, che per primi hanno studiato il fossile di dinosauro, ne
hanno determinato l'età in 113 milioni di anni.
Molti ritrovamenti sono conservati presso un piccolo Museo sito nel vicino comune di Cusano Mutri.
Proprio
grazie al ritrovamento dello "Scypionix Samniticus" e al suo stato di
perfetta fossilizzazione, gli studiosi hanno dato nuovo vigore alla
ricerca e allo studio di tutta l'area del parco.
Di notevole interesse il biotopo del Bosco degli Zappini che si estende
al di sopra di Fontegreca fino alla vallata del fiume Sava.
Si
tratta di una cipresseta spontanea di circa 70 ettari, esistente in
zona almeno dal 1500. All'interno del bosco vi è una serie di piccole
piscine e pozze naturali d'acqua cristallina, create dal torrente Sava.
Essa rappresenta una delle cipressete spontanee di maggiore interesse
del bacino del Mediterraneo ed è meta di ricercatori botanici per la
sua rarità.
Scoperta
nel '600 è stata studiata dalla toscana Accademia dei Georgofili e,
recentemente, è oggetto di una ricerca finanziata nell'ambito del
Programma d'Iniziativa Comunitaria Interreg.
Situate a sopra alla Diga del Lago di Letino, su due piani paralleli
distanti mediamente 89 metri l'uno dall'altro, esse sono di
indescrivibile bellezza, con giochi di stalattiti e stalagmiti. La
galleria superiore si incunea nella montagna e presenta folta
vegetazione e molte piccole cascate del fiume che precipita verso la
Valle del Volturno. Quella inferiore è scavata nella roccia dalle acque
del Lete.
Le grotte non sono ancora attrezzate in modo adeguato, e
per la loro visita è oggi necessario servirsi di scale e di corde e
farsi accompagnare da una guida. Gli splendidi fenomeni naturali di
queste cavità carsiche, stalattiti, stalagmiti, marmitte, concrezioni
varie, ripagano però ampiamente della fatica l'escursionista
avventuroso. La fauna della caverna annovera, oltre agi abitanti
naturali di grotte e caverne, un crostaceo acquatico bianco e privo di
occhi, ed è particolarmente frequente l'avvistamento di una farfalla
dagli occhi fosforescenti.
La
presenza di castelli, cinte murarie, torri, borghi fortificati è
caratteristica del paesaggio matesino ed offre al visitatore un
affascinante ambiente ricco di storia.
La maggior parte dei borghi
conserva ancora perfettamente l'antica struttura medievale: le porte di
accesso, le mura, la dimora signorile, le chiese.
Uno degli esempi
più significativi è il castello di Prata, costruito nel XII sec.,
perfettamente conservato con le sue torri cilindriche negli angoli.
Esso è parte integrante di un piccolo borgo ancora parzialmente
racchiuso dalle sue mura e si eleva su un costone roccioso che degrada
verso il fiume Lete.