Statuto del Parco (PDF - 52Kb)
I Monti Nebrodi, assieme alle Madonie ad ovest ed ai Peloritani ad est, costituiscono l'Appennino siculo. Essi si affacciano, a nord, direttamente sul Mar Tirreno, mentre il loro limite meridionale è segnato dall'Etna, in particolare dal fiume Alcantara e dall'alto corso del Simeto. Gli elementi principali che più fortemente caratterizzano il paesaggio naturale dei Nebrodi sono la dissimmetria dei vari versanti, la diversità di modellazione dei rilievi, la ricchissima vegetazione e gli ambienti umidi. Connotazione essenziale dell'andamento orografico è la dolcezza dei rilievi, dovuta alla presenza di estesi banchi di rocce argilloso-arenacee: le cime, che raggiungono con Monte Soro la quota massima di 1847 metri s.l.m., hanno fianchi arrotondati e si aprono in ampie vallate solcate da numerose fiumare che sfociano nel Mar Tirreno. Ove, però, predominano i calcari, il paesaggio assume aspetti dolomitici, con profili irregolari e forme aspre e fessurate. E' questo il caso del Monte San Fratello e, soprattutto, delle Rocche del Crasto (1315 metri s.l.m.). Importante, infine, sottolineare il diffuso processo di progressivo acculturamento del territorio del parco che ha portato, durante i secoli, ad una trasformazione dei Nebrodi da paesaggio naturale in paesaggio culturale.
Gli arabi definirono i Nebrodi "un'isola nell'isola" ed il motivo
apparirà chiaro al visitatore che, per la prima volta, si accinge a
scoprire questo territorio sorprendente: ricchi boschi suggestivi, ampi
verdi pascoli d'alta quota, silenziosi laghi e torrenti fluenti
contrastano con l'immagine più comune di una Sicilia arida ed arsa dal
sole. Nel salire di quota, lasciata la costa, è possibile riconoscere
subito precisi piani vegetazionali, in dipendenza non solo della
distribuzione altitudinale, ma anche in funzione di singolari fattori
fisici che, unitamente alla temperatura ed alle abbondanti
precipitazioni piovose e nevose, determinano propizie situazioni
ecologiche. Il piano mediterraneo (dal livello del mare fino ai 600-800
metri) è caratterizzato dalla tipica macchia mediterranea sempreverde,
ove predominano l'Euforbia, il Mirto, il Lentisco, la Ginestra e dove
si riconoscono elementi arborei a foglie strette quali il Corbezzolo,
la Sughera, il Leccio. La sughereta (interessanti formazioni sono
presenti prevalentemente nel territorio di Caronia) si presenta allo
stato puro quando il clima ed il suolo sono favorevoli; nella maggior
parte dei casi, però, è consociata ad altre specie come il Leccio e la
Roverella, con un fitto sottobosco.
Superati gli 800 metri di quota
e fino ai 1200-1400 metri s.l.m., si passa al piano supramediterraneo,
espressione delle querce di caducifoglie. Molte le specie presenti come
la diffusa Roverella, la Rovere, la Quercus gussonei, le quali formano
popolamenti più o meno apprezzabili a seconda dei substrati geologici e
della esposizione dei versanti. Molto diffuso è pure il Cerro che
diventa dominante nelle aree più fresche, specie se esposte a nord.
Oltre i 1200-1400 metri di altitudine, piano montano-mediterraneo, si
trovano le faggete, splendide formazioni boschive che coprono tutto il
crinale dei Nebrodi per più di 10.000 ettari e caratterizzano ambienti
di grande valore naturalistico e paesaggistico. Alle quote più elevate
il Faggio vive quasi in purezza: sono presenti solo rari esemplari di
Acero montano, Acero campestre e Frassino. Tra le specie del
sottobosco, oltre all'Agrifoglio, al Pungitopo, al Biancospino ed alla
Daphne, si riscontra il Tasso, specie relitta molto longeva che
sopravvive in condizioni microclimatiche molto localizzate.
Un tempo regno di cerbiatti (così come di daini, orsi, caprioli), i Nebrodi (il cui significato deriva dal greco nebros che vuol dire, appunto, cerbiatto) costituiscono ancora la parte della Sicilia più ricca di fauna, nonostante il progressivo impoverimento ambientale. Gli ultimi lupi furono abbattuti alla fine degli anni Venti ed i grifoni, che volteggiavano sulle Rocche del Crasto, sono scomparsi agli inizi degli anni Sessanta, a causa dei bocconi avvelenati disseminati sul territorio e destinati alle volpi. Grazie alla sua alta varietà ambientale, il Parco dei Nebrodi ospita comunità faunistiche ricche e complesse: numerosi i piccoli mammiferi, i rettili e gli anfibi, ingenti le specie di uccelli nidificanti e di passo, eccezionale il numero di invertebrati. Tra i primi si ricordano l'lstrice (Hystrix cristata), il Gatto selvatico (Felis sylvestris) e la Martora (Martes martes), specie molto rarefatte; tra i rettili la Testuggine comune (Testudo hermanni) ed, in particolare, la Testuggine palustre (Emys orbicularis); tra gli anfibi, infine, il Discoglosso (Discoglossus pictus) e la Rana verde minore (Rana esculenta). Sui Nebrodi sono state classificate circa 150 specie di uccelli, tra le quali alcuni endemismi di grande interesse come la Cincia bigia di Sicilia (Parus palustris siculus) ed il Codibugnolo di Sicilia (Aegithalos caudatus siculus). Le zone aperte ai margini dei boschi offrono ospitalità a molti rapaci come la Poiana (Buteo buteo), il Gheppio (Falco tinnunculus), il Lanario (Falco biarmicus), il Nibbio reale (Milvus milvus) ed il Falco pellegrino (Falco peregrinus), mentre le zone rocciose aspre e fessurate delle Rocche del Crasto sono il regno dell'Aquila reale (Aquila chrysaetos). Il Tuffetto (Podiceps ruficollis), la Folaga (Fulica atra), la Ballerina gialla (Motacilla cinerea), il Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus) ed il Martin pescatore (Alcedo atthis) preferiscono le zone umide, mentre nelle aree pascolative non è difficile avvistare la ormai rara Coturnice di Sicilia (Alectoris graeca whitakeri), I'inconfondibile ciuffo erettile dell'Upupa (Upupa epops) ed il volo potente del Corvo imperiale (Corvus corax). Tra l'avifauna di passo meritano di essere citati il Cavaliere d'ltalia (Himantopus himantopus) e l'Airone cinerino (Ardea cinerea). Ricchissima è, infine, la fauna di invertebrati. Recenti ricerche scientifiche hanno portato a risultati sorprendenti: su 600 specie censite riguardanti una piccola parte della fauna esistente, 100 sono nuove per la Sicilia, 25 nuove per l'ltalia e 22 nuove per la scienza. Tra le forme più rilevanti sotto l'aspetto paesaggistico, si citano le farfalle (oltre 70 specie) ed i Carabidi (oltre 120 specie).
All'interno del territorio del Parco esistono poi numerosi esemplari di cavallo sanfratellano, originario di questi monti, una razza preziosa per i caratteri tipici e per il ridotto numero di esemplari. E' il cavallo dei Nebrodi, oggetto negli ultimi decenni di importanti studi scientifici e in sempre maggior evidenza fra le razze equine.
La millenaria civiltà dei contadini e dei pastori dei Nebrodi si riflette in numerose produzioni artigianali. Ricami di tovaglie e lenzuola eseguiti a mano, ceste e panieri di giunco o canna, oggetti per uso agricolo in legno o ferla, lavorazione della pietra e del ferro battuto, realizzazione, con antichi telai, di colorate stuoie e tappeti (pizzare), produzione di pregevoli ceramiche sono i segni tangibili della operosità e della fantasia del popolo dei Nebrodi. I prodotti alimentari trovano la loro massima espressione in quelli caseari: il dolce o piccante canestrato, il gustoso pecorino, la profumata provola e la delicata ricotta vengono, ancora oggi, lavorati dalle sapienti mani dei pastori. Rinomati sono, inoltre, i salumi ottenuti con le carni del suino nero dei Nebrodi; pregiate sono le produzioni di olio d'oliva, miele, nocciole, pistacchio e frutti di bosco; saporite le conserve di pomodori, funghi e melanzane; molto apprezzati i dolci (pastareale, chiacchiere, ramette, crispelle, latte fritto, giammelle, pasta di mandorle). La cucina è sobria ed essenziale e riserva sapori antichi (maccheroni fatti a mano, castrato alla brace, capretto al forno) da gustare nei caratteristici locali di ristoro (barracche).
Ambienti di elevata naturalità, i Nebrodi custodiscono nel proprio territorio i segni dell'azione millenaria dell'uomo, connotandosi, per la incessante interazione tra natura e civiltà, come paesaggio culturale.
La presenza dell'uomo sui Nebrodi è documentata sin dalle poche più remote.