Statuto del Parco (54Kb)
(Statuto approvato con deliberazione di Giunta regionale 30 maggio 2014 - n. X/1893 pubblicata sul BURL Serie Avvisi e Concorsi n. 24 - Mercoledì 11 giugno 2014)
Il Parco delle Orobie Bergamasche ha un regime di tutela che lo caratterizza come "Parco montano forestale". Comprende il versante meridionale della catena orobica, territorio provinciale di Bergamo, e si estende su una superficie di 63 mila ettari. Nel suo territorio scorrono i fiumi Brembo, Serio e Dezzo che solcano le Valli Brembana, Seriana e di Scalve, e parecchi altri loro affluenti che percorrono vallette laterali. A occidente il Parco è delimitato dal profondo solco della Valsassina, a Nord dalla Valtellina e a oriente dalla Valcamonica. Comprende parte del territorio di 44 comuni; questi paesi fanno parte di tre Comunità montane: Valle di Scalve, Valle Brembana e Valle Seriana Superiore.
Il territorio sul quale il Parco si estende si può dividere geograficamente in due zone, con caratteristiche molto diverse fra loro. A settentrione è costituito da una catena di montagne - le Alpi Orobiche - le cui vette corrono più o meno parallele alla Valtellina. Sono queste montagne costituite da rocce scure e antiche, di tipo sedimentario continentale o di tipo cristallino, quasi sempre metamorfosate. Raggiungono le massime altitudini nel pizzo Coca (3.050 metri), nel pizzo Redorta e nella punta di Scais (3.038 metri). Vi sono poi altre cime di notevole importanza: il pizzo dei Tre Signori, la larga dorsale del monte Cabianca, la stupenda bicuspide piramidale del Diavolo di Tenda, il monte Gleno scintillante di ghiacciai perenni, il monte Venerocolo e il pizzo Tornello.
A meridione il Parco presenta gruppi montuosi costituiti da rocce chiare, in prevalenza calcaree e dolomitiche di antica origine marina. Sono le Prealpi Orobie, disposte prevalentemente a formare gruppi montuosi isolati: il gruppo dell'Aralalta (2.000 metri), dell'Arera (2.512 metri), della Presolana (2.521 metri) e dei Campelli di Schilpario. Questa varietà di aspetti - dalle scure e aspre montagne del gruppo centrale delle Orobie, alle bianche scogliere dolomitiche - allieta lo sguardo dell'escursionista desideroso di inoltrarsi in un ambiente che offre silenzi ritempranti, una flora e una fauna tipiche meravigliose, un modo di vita che nei paesi si è conservato a misura d uomo.
Uno degli aspetti che più colpiscono coloro che percorrono il
territorio del Parco è l'abbondanza delle acque superficiali. Ruscelli,
torrenti e fiumi che a volte hanno origine da piccole conche glaciali e
che nelle parti alte del loro percorso formano spumeggianti cascate,
alcune della quali entrate ormai nella "storia" ambientale, economica e
turistica delle alte Valli Bergamasche.
Così la cascata del Serio a
Valbondione, che con il suo triplice salto di 315 metri è la più alta
d'Italia, o la cascata della Val Sambuzza a Pagliari di Carona, e
quelle non meno belle che si possono ammirare in Valle di Scalve, lungo
il torrente Vo. Fiumi e torrenti che a volte scorrono tra forre
pittoresche scavate nella roccia nel corso dei secoli, come quelle del
Dezzo in Valle di Scalve (Via Mala) o quelle del torrente Enna,
all'imbocco della Val Taleggio.
Per non parlare dei laghi, oltre cento, disseminati alle medie e alle
alte quote. Gioielli incastonati tra boschi e rupi scoscese. Laghi
naturali e laghi artificiali creati dall'uomo per produrre energia
elettrica. Ne ricordiamo alcuni: il lago del Barbellino, il lago di
Coca, i laghi del Venerocolo, il lago di Polzone, il lago Fregabolgia,
i laghi Gemelli. Lungo i corsi d acqua spesso sono nati i nuclei
abitati, in quanto oltre che per motivi alimentari questa risorsa era
sfruttata per abbeverare gli animali, per muovere ruote di mulini, di
segherie e di magli. Fiumi e laghi di alta montagna danno bellezza al
paesaggio e sono meta nella bella stagione di migliaia di
escursionisti. Nel Parco la pesca è consentita liberamente nel rispetto
delle norme indicate nella legge regionale 25/82. Le acque più fresche
e pure di torrenti, fiumi e laghi sono il regno della trota fario e del
salmerino alpino.
Grazie ad una notevole varietà di ambienti e di paesaggi vegetali, sovraimposti ad un'area che ha subito vicissitudini connesse alle glaciazioni, con il conseguente isolamento di popolazioni e la formazione di nuove specie, il territorio del Parco delle Orobie presenta un patrimonio floristico particolarmente ricco sia per numero di specie sia per rarità di alcune di esse.
Sono circa una decina le specie floristiche del Parco presenti nella Lista Rossa Italiana; sei di tali specie sono endemiti esclusivi delle Orobie, non osservabili in altre parti del mondo, e tra esse figura Linaria tonzigii, nota di pochissime stazioni nell'area dell'Arera e della Presolana.
Anche il patrimonio faunistico è assai ricco: le medesime vicende che hanno determinato la presenza di endemiti floristici hanno indotto la formazione di endemiti faunistici. Sotto quest'aspetto, l'area del Parco costituisce uno dei luoghi più significativi di tutte le Alpi Centrali. Si pensi che solo nell'area Pizzo della Presolana-Monte Sponda Vaga, sono state rilevate 37 specie endemiche; di queste, ben 9 sono stenoendemiti assai localizzati, di cui non si conoscono popolazioni viventi all'esterno di tale area.
Un tale numero d'endemiti, di per sé, anche in assenza di ulteriori emergenze, sarebbe sufficiente ad attestare l'enorme valore dei luoghi in esame, di fatto riconosciuti anche a livello internazionale come un vero e proprio "santuario della biodiversità".
Oggi
la Bergamasca è molto industrializzata e le vie di comunicazione sono
sempre più intasate dal traffico motorizzato. Lungo queste strade,
comunque, nei mesi di giugno e di settembre, spesso si ripete ancora
l'antichissimo fenomeno dell'accompagnamento o del ritorno del bestiame
(pecore e mucche) dai pascoli alpini. Nelle Orobie il tempo del pascolo
inizia solitamente a giugno e termina a settembre, con una durata media
di ottanta-ottantacinque giorni.
Nel territorio del Parco i pascoli
non sono distribuiti in modo uniforme. Grosse concentrazioni si hanno
per la Valle Brembana a Carona, Foppolo e Mezzoldo; in Valle Seriana ad
Ardesio, Gandellino e Valbondione; in Valle di Scalve a Schilpario e
Vilminore. Nel periodo dell'alpeggio la montagna si popola di persone
abituate al silenzio e alla solitudine, le quali per tre mesi conducono
una vita priva di comodità. Anche se oggi la situazione non è più
quella di un tempo: molte baite sono state ristrutturate, dotate di
acqua corrente, energia elettrica prodotta da pannelli solari,
generatori o turbine idroelettriche, locali per la lavorazione del
latte e servizi igienici. Strade gippabili consentono poi un più
agevole collegamento con i paesi del fondovalle e sono ormai diffuse
anche le moderne tecnologie, come per esempio i telefoni cellulari che
rendono meno pesante una situazione che in passato era di assoluto
isolamento. I pascoli orobici, il 53 per cento dei quali è di proprietà
comunale, hanno subito un abbandono negli anni Sessanta.
Fenomeno che ha causato il deterioramento e spesso anche il crollo di
parecchie baite tipiche e un progressivo fenomeno di impietramento e di
avanzamento della vegetazione sull'alpe pascoliva.
Fortunatamente, è seguita una fase in cui si è proceduto al recupero e alla valorizzazione di questo patrimonio.
Nella Valcanale, ad Ardesio, è presente per esempio un impianto
sperimentale di estremo interesse: l'Amministrazione Provinciale di
Bergamo, che è proprietaria del pascolo "Alpe Nevel", ha rimodernato le
baite e sta conducendo studi relativi all'attività casearia e alle erbe
foraggere in quota.
Ottimi prodotti dell'alpeggio sono i latticini.
Burro e formaggio per rilanciare i quali sono nate latterie
cooperative, come quelle di Branzi, di Valtorta, della Valle Taleggio
(S. Antonio) e di Vilminore di Scalve. Inoltre ci sono anche
imprenditori privati che hanno saputo ben inserirsi sul mercato con i
loro prodotti o che hanno avviato attività agrituristiche.