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Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola

www.parchiromagna.it
 

Rifugio Cà Carnè - Faenza

  • Percorribilità: A piedi
  • Interesse: Panorama, Religione
  • Tempo di percorrenza: 8 ore
  • Lunghezza: 25.50 km
  • Dislivello: in salita 600 m - in discesa 950 m

Tappa finale, spettacolare per i panorami che da rupestri si fanno calanchivi {dai gessi siamo passati alle argille), dolci e morbidi ma nel contempo selvaggi nelle pendici più ripide. Si attraversa il bellissimo borgo medievale di Brisighella con i suoi tre colli rocciosi e il centro storico suggestivo.

L'arrivo a Faenza è semplicemente trionfale, dopo un ultimo tratto sulla nobile collina di Castel Raniero, ingentilita da pini e da ville ottocentesche.


Tappa 3: La Via del Gesso

La Via del Gesso, tappa 3
La Via del Gesso, tappa 3
La Via del Gesso, tappa 3
La Via del Gesso, tappa 3

Dal rifugio si raggiunge verso est via Rontana, sul cui asfalto si percorrono 50 metri per voltare alla prima curva, su strada ghiaiata fino a Ca' Marana, incantevole ex abitazione colonica, oggi ristrutturata, in magnifica posizione su cresta, poggiante in parte su gesso vivo (si veda la porta del piano più basso) e circondata da piante magnifiche fra cui spicca la classica quercia secolare piantata per ombreggiare l'aia e produrre ghiande per i maiali.

150 metri dopo Ca' Marana si volta a destra in discesa raggiungendo un'altra ghiaiata che va percorsa a sinistra raggiungendo il tornante della provinciale del Monticino da cui in breve si scende alla stazione di Brisighella.

Ora dobbiamo tornare verso il Carnè, ma con percorso diverso, per la piazza, via degli Asini, Torre dell'Orologio, periplo de La Valle fino alla Rocca, 70 metri lungo la provinciale e poi su al parcheggio del Santuario del Monticino ove entriamo nel Parco-Museo Geologico all'aperto ricavato nel 2004-2007 dall'omonima ex cava.

Sfiorata una rara carrellata di campioni rocciosi di tutte le formazioni geologiche locali ed effettuate, volendo, tutte le deviazioni (vedi riquadro 1), si sale dritti fino a risbucare sulla provinciale: a sinistra per un km fino a Case Varnello ove si prende a destra il 505 (in caso si abbia finito l'acqua rifornirsi 50 metri più avanti al bar del Manicomio).

Inizia qui il ben noto percorso sul crinale calanchivo fra Lamone e Senio. Oltre alla descrizione naturalistica - si tratta peraltro di un pezzo meraviglioso e panoramico – serve precisare che ci sono due tratti esposti, non pericolosi ma vertiginosi: il primo è aggirabile (impiegando circa 40 minuti in più) scendendo a destra di Ca' Vicchio fino a via Rio Chiè che va risalita fino al valico del Canazzeto; chi voglia evitare anche il secondo dovrà proseguire dal passo per scendere a destra nel fondovalle fino a voltare (vecchi segnavia biancazzurri che indicano il percorso ciclistico e nuovi C.D. cioè Cammino di Dante) ancora a destra per Casa Tombazzo raccordandosi infine con il 505 ormai in vista di Pideura. Il percorso «integrale» sul 505 è invece, ovviamente, più breve ed emozionante, ma anche per i non timorosi richiede attenzione.

Ma vediamo l'itinerario. Lasciato l'asfalto subito prima del borghetto di Case Varnello si scende ai bordi di un vigneto e di un successivo invaso irriguo per poi cavalcare l'ondulata e piacevolissima cresta calanchiva che, per Monte Nosadella, porta all'abbandonata Ca' Vicchio dove è possibile, scendendo a destra, aggirare il tratto successivo. Per chi prosegue in cresta c'è infatti l'emozione di circa 50 metri molto aerei, in effetti esposti, non attrezzati e non attrezzabili per problemi di costante erosione ma tecnicamente non difficili (ovvio che però ognuno conosce la propria dimestichezza all'esposizione). Si rimonta così a Monte San Rinaldo (245 m), preceduto da un meraviglioso oliveto che, a dispetto delle condizioni riarse e difficili dei calanchi, sembra un giardino di Babilonia, con cipressi, rosmarini, melograni e fiori bottinati da api, bombi e farfalle. L'affilatissima cresta che scende a destra della cima e su cui passava l'originario 505 è oggi evitabile con la discesa dritto, verso la Torre del Marino (ristorante) prima della quale, giunti sull'asfalto, si volta a destra e poi ancora a destra al bivio successivo per raggiungere il valico del Canazzeto. Qui si riprende a sinistra la cresta (sempre segnavia 505 ma anche Sentiero "Ariano Bentivoglio" e Viae Misericordiae) per aggirare sul lato est l'isolato e svettante colle di Montecchio (271 m), coperto di cipressi e con una chiesetta oggi restaurata ma privata; per la sua morfologia il luogo trasuda storia, fin da quando qui sorgeva un tempio etrusco (lo testimonia la placchetta in bronzo con scritta dedicatoria ad una divinità trovata una decina di anni fa), poi sostituito, molto tempo dopo, dalla chiesa rimasta famosa per via dell'anziano ma coraggioso parroco don Antonio Lanzoni arrestato dai fascisti per aver dato ospitalità a partigiani e fucilato al poligono di Bologna nel dicembre 1944. Dopo un breve pezzo d'asfalto si torna in cresta per sfiorare Casa Traversara (224 m) e per poi affrontare un secondo tratto esposto, questo però solo da un lato e quindi meno vertiginoso. Arrivati all'asfalto di via Pideura lo si segue (ma volendo c'è anche una carraia parallela a sinistra) in direzione di quest'ultima (nord) ma prima dell'abbandonata, omonima chiesa, si volta a destra per via Berta. All'altezza dell'omonima azienda (con ristorante) si può deviare a destra verso il balcone naturale dell'Olmatello, storica meta delle scampagnate dei faentini. I pini che tuttora sorgono sull'orlo del precipizio (attenzione) furono fotografati già nel 1907 da Francesco Nonni - artista poliedrico, che li raffigurò più e più volte, anche sullo sfondo della Crocefissione nei pilastrini che fiancheggiano la salita al Santuario del Monticino - e, per quanto ridotti in numero (erano un trentina, oggi sono venti) sono sempre quelli. Il grande calanco dell'Olmatello costituisce poi un'eccezione nel mondo arido tipico delle "argille azzurre" (il nome è di Leonardo) plioceniche ospitando addirittura un bosco: la spiegazione sta nella copertura sommitale di sabbie e ghiaie che con il loro apporto "mitigano" i severi fattori limitanti (per la vita vegetale) dell'ambiente calanchivo.

Per la sottostante via Castel Raniero, in un susseguirsi di campi e di ville ottocentesche, il tutto ingentilito da cipressi ma soprattutto da pini domestici, si scende trionfalmente alla Rotonda "delle Bocche dei Canali" che precede Faenza: gli ultimi due chilometri sono su pista ciclopedonale protetta e a fianco di un vecchio apprezzamento ad orti e a caki oggi divenuto parco pubblico.

La Via del Gesso, tappa 3
La Via del Gesso, tappa 3
La Via del Gesso, tappa 3
La Via del Gesso, tappa 3
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