Il Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola è stato istituito con Legge Regionale 21 febbraio 2005, n. 10.
La superficie complessiva del parco è di 6.063 ettari, di cui 2.041 ettari di parco e 4.022 ettari di area contigua. Le zone di parco sono così suddivise: zona A di tutela integrale 52 ettari; zona B di tutela generale 749 ettari; zona C di protezione ambientale 1.240 ettari.
Le vallate del Santerno, Senio, Sintria e Lamone che solcano gli Appennini nella parte occidentale della Romagna sono intersecate, ad una decina di chilometri dalla linea di congiunzione con la pianura, dalla Vena del Gesso Romagnola. È una dorsale di solfato di calcio, variamente cristallizzato e stratificato in imponenti bancate, che affiora per una lunghezza di una ventina di chilometri e con una larghezza che non supera mai il chilometro, attraversando i territori dei comuni di Casalfumanese, Borgo Tossignano e Fontanelice in provincia di Bologna e Casola Valsenio, RioloTerme e Brisighella in provincia di Ravenna.
La Formazione Gessosa-solffera, per la sua imponenza e composizione, per la straordinaria varietà della sua morfologia e la tipicità della fora e della fauna, ha inciso nella costruzione del paesaggio che si stende tutt'attorno, influenzando favorevolmente il microclima delle quattro vallate, lasciando anche il segno nella storia e nella vita degli uomini.
È una ricchezza naturale e storica che sorprende e affascina l'escursionista che a piedi percorre i sentieri del Parco. Cominciando da quelli che intersecano i contrafforti da dove si può cogliere il verde e l'ombra del versante nord o la luminosa aridità delle bancate del versante sud che, riflettendo il chiarore lunare, erano dette "pietra di luna". Continuando con i sentieri che si snodano nella dorsale e che dopo ogni svolta o dosso offrono suggestivi scorci della cristallizzazione del gesso; inghiottitoi e risorgenti e spelonche con i segni di antiche presenze umane e profonde grotte ed anche rarità botaniche o la rapida fuga di un selvatico.
Senza dimenticare le tracce lasciate dal lavoro e dalla vita degli uomini: abitazioni, resti di insediamenti religiosi e militari o antiche cave di gesso. Ma l'escursione più emozionante è lungo il flo del crinale: un percorso che riempie gli occhi ed emoziona l'animo con la straordinaria ricchezza della Vena e il paesaggio che si apre verso monte e verso valle.
Da una parte i crinali verdi-azzurrini si susseguono sfumando sulla linea dell'orizzonte; dall'altra, oltre la fascia bassa delle ragnatele aride dei calanchi, si stende una pianura biancheggiante di case, paesi e città, bordata dalla linea del mare che da qui, per dirla con Tonino Guerra, appare come "una riga lunga e blu".
Il gesso è indubbiamente la roccia più peculiare dell'Appennino romagnolo. Lo ritroviamo nel Parco della Vena del Gesso Romagnola, inserito all'interno di una potente successione di terreni di origine sedimentaria e dall'età geologicamente "giovane" (da 8-9 milioni di anni per la sottostante formazione Marnoso-arenacea, fino ad un milione di anni per la formazione delle Argille Azzurre, ben nota, quest'ultima, per la presenza dei calanchi che caratterizzano il paesaggio pedecollinare subito a valle della Vena del Gesso).
Tipicamente il gesso dà luogo ad una roccia grigiastra formata dall'aggregazione di grossi cristalli prismatici geminati a "coda di rondine" o a "ferro di lancia", chiamata anche gesso selenitico o selenite (dal greco selene = luna) per gli argentei riflessi lunari. Si tratta di un sale minerale (CaSO4.2H2O, cioè solfato di calcio bi-idrato) normalmente disciolto nell'acqua di mare così come il più noto cloruro di sodio (NaCl) o "sale da cucina".
In sintesi, gli affioramenti gessosi della Vena sono la testimonianza di una delle più grandi catastrofi naturali della storia del Mediterraneo, ovvero la cosiddetta "Crisi di Salinità messiniana".
La Vena dei Gesso ospita una flora estremamente ricca ed interessante: una straordinaria varietà di ambienti racchiude quasi 2000 Taxa vegetali (fra specie, sottospecie e varietà).
Nonostante l'ambiente spesso aspro e inospitale, la vegetazione muta continuamente il paesaggio, con forme e colori insoliti e straordinari. Stupende sono le fioriture di orchidee viola e di eliantemi bianchi e gialli in primavera, di rari gigli rossi nei prati in giugno, di garofani rosati in autunno, tanto per fare qualche esempio.
La Vena del Gesso si sviluppa da est a ovest, quindi le rupi sono esposte a sud da un lato e a nord dall'altro. Ciò genera un particolare microclima caldo e arido da una parte, fresco e umido dall'altra, con condizioni ambientali diversissime, lungo il crinale, a distanza di pochi metri.
Un elevato numero di specie animali popola la Vena del Gesso romagnola. Questa straordinaria formazione rocciosa, vera e propria "mini catena montuosa" esclusivamente costituita di selenite, presenta una grande diversità ambientale, che determina una notevole ricchezza faunistica, ben superiore alle altre aree dell'Appennino settentrionale. In particolare, fanno la differenza le specie che vivono o frequentano l'ambiente più peculiare della Vena del Gesso, il silenzio e buio universo delle grotte, come le tante specie di Invertebrati e le grandi colonie di pipistrelli.
Tra le altre specie di mammiferi e anche tra gli uccelli, comunque, vi sono specie emblematiche, come il lupo e il gatto selvatico o come i maestosi ed affascinanti gufo reale e biancone. Altro motivo di interesse è dovuto al fatto che questa ricchezza di specie è conservata in un'area tutto sommato ristretta, ma con aree a naturalità piuttosto elevata, in una zona collinare ad appena 300-400 metri di altezza e a circa 10 Km in linea d'aria dalla Via Emilia.
Per quanto riguarda la fauna vertebrata, sono presenti 242 specie, di cui 52 mammiferi, 138 uccelli, 12 rettili, 12 anfibi e 28 pesci.
Il legame tra l'uomo e la Vena del Gesso è antico e variegato. In età protostorica le grotte (Tanaccia e Re Tiberio) furono utilizzate come ricovero e, in profondità, come luogo di culto del dio delle acque, il cui scroscio si udiva negli abissi. Nel Medioevo sulla Vena sorsero insediamenti religiosi e militari, a Brisighella, Rontana, Monte Mauro, Sassatello, Rocchetta, Tossignano, Gesso.
Per costruirli si fece uso di blocchi di gesso, così come per le case coloniche, per i borghi dei Crivellari, Borgo Rivola, Gesso e per i centri di Brisighella e Tossignano. Più antico e diffuso è l'uso del gesso cotto, come testimonia una cronaca brisighellese del 1594: "montagne di gesso, che cotto e pesto serve mirabilmente per fabbricar case"; per oltre cinque secoli i gessaroli hanno lavorato nelle cave di Tossignano, Brisighella e Borgo Rivola.
Nell'area della Vena hanno vissuto anche generazioni di contadini, sfruttando i boschi e i castagneti e coltivando i terreni a monte delle rupi; creando un paesaggio vario, gradevolmente disegnato da macchie alternate a piccoli appezzamenti di pascoli, vigne, frutteti ed uliveti, favoriti dal microclima favorevole grazie alla Vena che li protegge dai venti del nord, come ben compresero gli agricoltori locali, che a partire dal Medioevo ne avviarono la coltivazione insieme al castagno, come nel castagneto di Campiuno.
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