(Varallo, 27 Set 11) Si è concluso in luglio il restauro dell'intonaco dell'atrio della Salita al Calvario. pareti sono tornate di quel colore giallino che è emerso sotto le quattro ridipinture, molto simile al fronte posteriore delle due cappelle dirimpettaie, la Pietà (n. 40) e Cristo avvolto nella Sindone (c. 41). E soprattutto si sono integrate (in gergo si dice "risarcite") le ampie lacune di intonaco, che si staccava a pezzi, e si è restituito decoro e pulizia all'ambiente. Era stato il vescovo Bascapè (1593-1615) ad insistere sulla necessità che le cappelle venissero dotate di un atrio, ampio, ma non troppo, che fornisse ricovero ai pellegrini per le intemperie, ma evitasse assembramenti numerosi e chiassosi, per non turbare il raccoglimento e la preghiera.
La cappella era in costruzione nel 1593, destinata prima ad ospitare la scena dell'Affissione alla croce.Fu Bascapè a decidere di installarvi il 'mistero' attuale. Per fortuna abbiamo parecchie notizie della sua storia decorativa. Si è infatti conservato il contratto stipulato nel 1599 fra la Fabbriceria (l'organismo che gestiva i fondi) e gli scultori (i fiamminghi Tabacchetti) e il pittore (1602) PierFrancesco Mazzucchelli, detto il Morazzone . Il contratto precisa che gli artisti dovranno lavorare seguendo le istruzioni fornite dal vescovo sul contenuto della scena. La priorità veniva data alla scultura, che appariva con immediata evidenza agli occhi del fedele; ad essa era attribuito il compito di raccontare l'episodio del Vangelo. Il pittore, lavorando subito dopo, doveva seguire passo passo la scultura e completare la scena con una folla complementare a quella messa in scena in terracotta.
Vista la vicinanza fisica e narrativa della cappella della Salita al Calvario alla scena della Crocifissione allestita da Gaudenzio Ferrari circa un secolo prima, il vescovo raccomanda che una buona parte dei personaggi che assistevano alla Crocifissione anche lungo il percorso della salita al Monte Calvario. Così la scena sarebbe stata più credibile. Anche l'ambiente naturale, trattandosi della stessa montagna, doveva risultare simile. E, in più, Bascapè voleva che si dipingesse "al vivo e al naturale" come aveva fatto Gaudenzio, mettendo in scena figure vere e credibili, emozioni intense e coinvolgenti.
E' proprio nel pensare all'allestimento di questa cappella che il vescovo precisa la sua idea del rapporto fra l'Antico e il nuovo Testamento. Nel contratto con il pittore gli viene infatti ordinato di dipingere in alto degli angeli che reggano delle tavole con scene dell'Antico Testamento che costituiscano un' anticipazione profetica alla scena del Nuovo Testamento illustrata in basso. Poichè la scena centrale in basso è la Salita al Calvario di Cristo con la croce sulle spalle, nei riquadri in alto è invece raffigurata la storia di Isacco che si dirige verso il suo sacrificio, portando la fascina di legna sulle spalle mentre Abramo lo segue.
Bascapè, quando vedrà l'opera realizzata dal pittore, la contesterà ricordando che Abramo andava raffigurato, secondo il Vangelo, mentre saliva impugnando il fuoco e il coltello (per il sacrificio) e non la spada, come si vede ancora oggi in alto, a sinistra, sul muro della cappella. All'errore, però, non verrà posto rimedio.
Il restauro dell'atrio ha permesso si ricostruire la scritta che vi campeggia sul fondo a sinistra, sopra la porta, che spiega proprio la stretta connessione fra Antico e Nuovo Testamento e che riporta: "Ex Veteri Testamento - Tulit quoque ligna holocausti, et imposuit super Isaac filium suum - GEN. XXII. "Dal Vecchio Testamento - [Abramo] prese la legna dell'olocausto e la caricò sul figlio Isacco - Genesi, cap. XXII . "Baiulans sibi crucem exivit in eum, qui dicitur Calvariae locum - Ex Novo Testamento-IO.XIX"."[E Gesù] portando la sua croce, si avviò verso il luogo del Calvario - Dal Nuovo Testamento, Giovanni, cap. XIX" .
Foto di Gabriele Maschio
Foto di Gabriele Maschio