Il comune deve il suo nome al termine dialettale "prie", che indica un
luogo derivato da una pietraia; secondo altri invece occorre rifarsi al
termine piemontese "prè" ad indicare che Perrero è lo stomaco della
Valle Germanasca, la quale ha il fascino un po' selvaggio delle
montagne, dei suoi paesi di case antiche dove si conservano ancora vive
le tradizioni locali.
In passato la cittadina era un borgo
importante, crocevia commerciale, sede della Pretura ed anche sede
amministrativa di 11 Comuni che, dal 1928, sono stati in parte
unificati e tutt'ora costituiscono la grandezza territoriale del comune
di Perrero. Nel Medioevo la zona era difesa da alcune fortificazioni e
castelli, dimora di signorotti locali, e fu anche teatro di sanguinose
lotte durante le guerre di religione.
Tra i forti più interessanti da visitare vi sono:
Per quanto riguarda invece l'architettura sacra a Perrero è possibile visitare la chiesa di Santa Maria Maddalena,
riedificata alla metà del 700. All'interno è da segnalare una "Ultima
Cena" di don Ricchiardone, le vetrate artistiche di Martino Fassi e
quattro lunette lignee dello scultore Nastasio raffiguranti scene della
vita di Gesù (1974). Anche il Tempio Valdese è di notevole
importanza, infatti nel 1862 la Tavola Valdese acquistò una casa nel
centro del paese per adibirla a presbiterio con un terreno adiacente
per edificare un locale di culto il quale venne costruito a pianta
rettangolare con piccola abside sul lato Nord - Ovest sormontata da una
calotta semisferica. Chiese e Templi Valdesi si possono visitare in
tutte le borgate adiacenti Perrero e sono un vero simbolo della
tradizione culturale della valle.
Emblema dei tempi della Grande
Guerra è il monumento che Perrero dedica ai suoi caduti e al più
illustre tra questi, il gen. Giulio Martinat, figura di grande cultura
e rigore morale il quale combattè la Prima Guerra Mondiale in veste di
tenente prima e capitano poi.
In definitiva si può affermare che Perrero risulta essere un piccolo
paesino che nasconde però al suo interno e nelle borgate limitrofe
delle perle di cultura e storia, come appunto forti, castelli e chiese.
Spostandosi di poco è possibile conoscere la realtà di un altro comune,
Prali, nel quale sono presenti due importanti musei, testimonianza
della realtà culturale di tutta la valle:
L'area del Parco, dal punto di vista storico, deve essere considerata in un contesto territoriale più ampio, caratterizzato nel corso dei secoli da una tradizione estrattiva e dalla presenza dei Valdesi. Sulle pendici di Rocca Bianca, fin dalla metà del 1800, i valligiani si dedicarono alla raccolta del talco, con i siti minerari ubicati tra quota 1800 e 2000 metri, e costruirono all'imboccatura delle gallerie baraccamenti adibiti ad ospitare personale, attrezzature, minerale e animali. Nel 1893, per sopperire alle difficoltà legate al trasporto, venne costruita una ferrovia a scartamento ridotto - funicolare su cui correvano alcuni vagoncini. All'inizio del 1900 le gallerie vennero chiuse per sfruttare i più accessibili e vantaggiosi giacimenti di Gianna e Fontane. Per capire come erano organizzati gli insediamenti estrattivi si può visitare sia l'esposizione degli antichi mestieri a Pomaretto, sia il museo "Scopriminiera" di Prali dai quali si può trarre un utile approfondimento degli aspetti storici e culturali legati all'attività mineraria.
Non
bisogna trascurare che l'attività estrattiva si inserì in un substrato
sociale particolare, caratterizzato dalla presenza dei Valdesi, i quali
segnarono profondamente la storia della Val Germanasca come quella
delle valli adiacenti, determinando mutamenti nel comportamento,
nell'immaginario collettivo e nella cultura. La presenza valdese nelle
valli del Pinerolese non fu casuale, ma deriva dalla morfologia del
territorio, caratterizzato da vallate difese da alte montagne e strette
gole, ideale luogo di accoglienza e rifugio per popolazioni
perseguitate. Infatti il movimento ebbe origine intorno al 1170 e i
seguaci di Valdo, chiamati i "Poveri di Lione", diedero vita ad una fra
le tante sette medioevali che la Chiesa cattolica condannò e scomunicò.
Per sfuggire alle persecuzioni di massa cercarono rifugio in varie
parti d'Europa, tra cui le vallate del Pinerolese. Solamente ai tempi
di Napoleone le leggi repressive nei loro confronti persero di
efficacia. Nel periodo tra la Restaurazione e lo Statuto Albertino le
Chiese protestanti straniere aiutarono i Valdesi provvedendo
materialmente alla loro sussistenza, alla formazione teologica dei
ministri di culto e fondando numerose opere sociali, filantropiche e
molte scuole. Anche grazie a questa formazione morale nelle comunità
locali, il contesto sociale in cui avvenne l'attività mineraria dispose
di una sufficiente cultura di base, a differenza del contesto operaio
delle industrie del fondovalle.
Nel 1848 i Valdesi ebbero accesso a
tutti i diritti politici e civili al pari degli altri sudditi ed iniziò
così l'era della ricostruzione. Durante lo sviluppo industriale di
quegli anni si impegnarono a diffondere il loro credo al di fuori delle
valli, a recuperare la loro memoria storica e a risvegliare nelle
comunità l'interesse per il passato. Vissero secondo un'etica che si
richiamava alla purezza evangelica e gli insegnamenti del Pastore
valdese furono regole di vita, ammonimenti ed esempi da seguire; il
lavoro in fabbrica venne considerato e giudicato immorale, mentre il
lavoro in quanto tale era carico di valore morale poiché ineliminabile
e formativo. L'attività in miniera invece, anche se per molti non fu
una scelta, venne accettato in maniera migliore, come dimostra la
tradizione estrattiva in Val Germanasca.