Gli itinerari si sviluppano prevalentemente su territori pianeggianti, caratteristica che li rende facilmente percorribili a piedi anche senza un particolare allenamento.
Nel Parco vi sono:
- zone di libero accesso;
- altre alle quali è possibile accedere solo con appositi permessi;
- aree la cui proprietà è privata.
IL Parco si divide in sette Tenute: San Rossore, Tenuta Borbone e Macchia Lucchese, il Lago e il padule di Massaciuccoli, la bonifica di Vecchiano, la Tenuta di Migliarino, la Tenuta di Coltano, la Tenuta di Tombolo.
Il modo migliore e più sicuro per conoscere il Parco di Migliarino San Rossore Massaciuccoli è quello di usufruire del servizio di visite guidate messo a disposizione dall'Ente Parco Regionale.
Il lago di Massaciuccoli e le aree palustri circostanti, con oltre 2000 Kmq di superficie, formano la zona umida di origine retrodunale più estesa della Toscana. Il lago oggi ha perso l'antico aspetto di laguna salmastra, ed è considerato un tipico lago-stagno per la profondità media inferiore ai 2 m (la massima è di 4,40) e salinità inferiore a 500 mg/l; il fondo del lago è al di sotto del livello del mare. La sua forma è più o meno circolare, con un perimetro di oltre 10 Km. La superficie del bacino ha subito una drastica riduzione negli ultimi secoli a causa delle continue bonifiche, avvenute soprattutto nel XX secolo.
La nascita del piccolo borgo di Massaciuccoli risale all'epoca romana. Sono del I sec. d.c. le ville residenziali come quella dei Venulei - patrizi romani di Pisa - nel I sec d.c., con annessi complessi termali, come quello ancora oggi visibile a ridosso della chiesa, in posizione panoramica sul lago. L'altro centro importante, Torre del Lago, risale al XVIII sec., epoca delle prime importanti bonifiche. La località è resa famosa dal grande compositore lucchese Giacomo Puccini, che vi abitò a lungo in una villa oggi trasformata in museo.
Negli ultimi anni, le acque del bacino di Massaciuccoli hanno subito un progressivo inquinamento sia in conseguenza dello sviluppo industriale del litorale versiliese, che per il moderno sviluppo agricolo delle zone circostanti, con conseguente uso massiccio di diserbanti, antiparassitari e concimi chimici.
Ciò ha determinato eutrofizzazione ed alterazione dell'equilibrio idro-biologico e grave minaccia alla sopravvivenza della flora e della fauna. Ai margini del cratere palustre vero e proprio, nei canali e nel padule, prevale la vegetazione parzialmente o totalmente sommersa (idrofite) con presenza di Potamogeton sp.pl e Certophyllum demersum, pianta alimentare per eccellenza per molti uccelli acquatici - oggi purtoppo in rarefazione - e l'Hydrocotyle ranunculoides, relitto terziario. L'acqua dei canali è tappezzata da piccole piante galleggianti (Lemna minor e L. gibba) "erba paperina", rapidamente in moltiplicazione per via vegetativa. Purtroppo sempre più rare le ninfee (Nymphaea alba) ed ormai sempre più scarse le segnalazioni di Hydrocharis morsus-ranae e della curiosa Utricularia australis, dalle foglie provviste di piccoli otricelli. Maggiormente svincolate dall'ambiente liquido le elofite, quali le cannucce di palude (Phragmites australis), il falasco (Cladium mariscus) e la lisca (Typha latifoglia e T. angustifolia) che dominano i popolamenti di ripa e le zone torbose del palude . Peculiari di Massaciuccoli sono gli "aggallati o pollíni", isole di torba galleggianti sostenute dagli intrecci dei rizomi delle cannucce. Sopra queste torbiere si sviluppano le sfagnete, così chiamate per l'eccezionale presenza di particolari muschi (Spaghnum sp.pl), tipici dei climi freddi e relitti dell'ultima glaciazione. Massaciuccoli è oggi l'unica stazione mediterranea a livello del mare dove sono presenti tali associazioni vegetali. Importante l'avifauna nidificante censita: almeno 70 coppie di Airone rosso (Ardea purpurea) nelle colonie della zona settentrionale del padule, oltre 10 coppie di falco di palude (Circus aëroginosus) ed almeno 5 del rarissimo e mimetico Tarabuso dal verso inconfondibile (sito principale italiano). Gravi squilibri all'ecosistema lacustre sono stati determinati dall'introduzione involontaria, avvenuta negli anni 90, del nordamericano gambero killer (Procambarus clarkii).
La macchia lucchese è localizzata nella zona costiera più settentrionale del Parco di Migliarino San Rossore Massaciuccoli e si estende sul tombolo che separa dal mare il Lago di Massaciuccoli, nel territorio del Comune di Viareggio (LU), tra l'abitato di Viareggio e quello di Torre del Lago.
Nella macchia Lucchese riconosciamo 3 tipi di ambienti presenti in successione: il bosco litoraneo, le "lame" litoranee retrodunali e la spiaggia.
Fin dall'antichità più remota il territorio della Macchia Lucchese è stato profondamente condizionato da inondazioni ed impaludamento che rendevano ostile il territorio alla presenza umana. In epoca storica l'organizzazione territoriale adottata dai Romani migliorò sensibilmente la situazione in queste zone ma, con il crollo della potenza romana e le scorrerie barbariche, l'ambiente ritornò ad un grave stato di degrado idraulico con conseguente spopolamento.
Soltanto a partire dal XV secolo ricominciò l'opera di colonizzazione e nel 1513 la Repubblica di Lucca, preoccupata per la crescente espansione dello Stato Fiorentino, si organizzò ristrutturando e potenziando lo scalo marittimo del piccolo borgo di Viareggio. Così in pochi anni Viareggio raggiunse un adeguato sviluppo demografico ed urbanistico, con operazioni di bonifica condotte in vaste porzioni dell'area palustre, pur senza risolvere la piaga della malaria endemicamente presente nel territorio. Verso la fine del XVII secolo, dopo i disboscamenti effettuati nei precedenti decenni, fu deciso il rimboschimento della fascia litoranea e fu impiantata la pineta che oggi costituisce il bosco alle spalle della spiaggia fra Viareggio e Torre del Lago.
Risale al 1819 la formazione della Tenuta Borbone allorquando Maria Luisa di Borbone duchessa di Lucca, espropriò gran parte del territorio costiero a sud di Viareggio per realizzare un esteso complesso residenziale solo parzialmente realizzato, tra cui spicca la monumentale Villa Borbone. La Villa fu progettata all'inizio dell'Ottocento dall'architetto Lorenzo Nottolini, come residenza di caccia per Maria Luisa di Borbone.
Al secolo scorso risale, invece, la risoluzione definitiva del problema dell'impaludamento attraverso l'opera di vari consorzi di bonifica, appositamente costituiti, che, con ingenti mezzi meccanici (1927) nel giro di pochissimi anni bonificarono circa 40 kmq di zone umide sia a nord che a sud del comprensorio di Massaciuccoli. Ma ormai siamo alla storia recente che, soprattutto nel secondo dopoguerra, ha portato al moderno sviluppo sia di Viareggio che di Torre del Lago e alla crescita esponenziale del turismo balneare. La Macchia Lucchese è localizzata nella zona costiera più settentrionale del Parco Naturale Regionale Migliarino San Rossore Massaciuccoli e si estende sul tombolo che separa dal mare il bacino di Massaciuccoli nel territorio del Comune di Viareggio (LU), tra l'abitato di Viareggio e quello di Torre del Lago. In realtà il termine Macchia Lucchese, come quello di Pineta di Levante, con cui è anche conosciuta, definisce impropriamente il territorio naturale non inquadrabile in un contesto vegetazionale di pineta o tipica macchia mediterranea. Infatti gli studi di numerosi botanici ed in particolare quelli di S. Montelucci degli anni Sessanta definiscono l'ambiente naturale come una selva costiera a caratteristiche climatiche e vegetazionali atipiche con elementi "subatlantici", per il clima umido a causa della vicinanza delle piovosissime Alpi Apuane.
La Tenuta di San Rossore è aperta al pubblico con le seguenti modalità di fruizione, sosta e viabilità:
Tutti i giorni gli accessi carrabili aperti al pubblico sono l'asse Ponte alle Trombe - Cascine Vecchie - Sterpaia - Cascine Nuove;
Tutti i giorni, compresi la Domenica e i festivi, l'accesso pedonale alla Tenuta è aperto al pubblico per la fruizione degli itinerari liberi: la zona C in tutta la sua estensione e la zona "B" sui sentieri segnalati. Accesso alla zona A possibile con visite guidate
La Tenuta di San Rossore (4800 ha di superficie) è il più rilevante ambiente naturale all'interno del Parco. I suoi confini sono individuati a Nord dal Serchio, ad Est dalla città di Pisa, a Sud dall'Arno e ad Ovest dal Mar Ligure. La vegetazione spontanea si differenzia a seconda delle zone: nei "tomboli" si caratterizza come submediterranea con la leccetta-pineta, nelle "lame" come bosco meso-igrofilo di caducifoglie tipiche delle originarie foreste. Lungo tutta la linea di costa, tra le foci dei due fiumi, la Tenuta è delimitata verso il mare da alte dune. Tra gli animali facilmente osservabili vi sono il daino, il cinghiale ed un'elevata presenza di avifauna, soprattutto nel periodo di svernamento e durante le migrazioni primaverili.
Il nome della Tenuta ha origine dalla deformazione lessicale di Lussorio, martire cristiano ucciso in Sardegna sotto Diocleziano, i cui resti nel 1080 furono trasportati a Pisa nella chiesa che sorgeva presso l'attuale località Cascine Nuove. Nel Medioevo il territorio fu donato da Enrico IV al Capitolo dei Canonici di Pisa, che ne mantenne il possesso fino all'avvento dei Lorena, limitandosi allo sfruttamento delle risorse naturali ed alla costruzione di edifici religiosi. Nella metà del Settecento i Lorena, succeduti ai Medici nel governo del Granducato, per rispondere alla crescente necessità di legname da costruzione, avviarono un'azione di riforestazione con l'impianto di querce, frassini ed olmi nelle zone più basse e umide e di lecci e pini domestici sulle dune e su alcune aree a pascolo. Fu iniziato inoltre il riassetto idraulico complessivo della Tenuta, comprendente anche la colmata delle principali zone umide.
Con l'Unità d'Italia, i Savoia, venuti in possesso della tenuta nel 1862, si adoperarono per completare la riorganizzazione del territorio, nonché dell'urbanistica. Modificarono gli edifici esistenti, edificarono nuove strutture ne fecero la loro residenza estiva e riserva esclusiva di caccia. Quasi tutte le strutture architettoniche furono distrutte nell'ultimo conflitto mondiale. Caduta la monarchia, la Tenuta entrò a far parte del demanio e nel 1957 fu assegnata alla Presidenza della Repubblica. Nel 1999 è stata promulgata una legge che ha sancito il passaggio definitivo della gestione della Tenuta alla Regione Toscana e quindi all'Ente Parco. La Tenuta di San Rossore costituisce il più significativo residuo delle foresta planiziaria "Selva Palatina" che, fino al Medioevo, si estendeva lungo la costa toscana dalla foce del Magra all'attuale limite litoraneo sud della provincia di Pisa. I confini della Tenuta sono individuati a Nord dal Serchio, ad Est dalla città di Pisa (precisamente fossa Cuccia), a Sud dall'Arno e ad Ovest dal Mar Ligure. È una vasta pianura alluvionale, inizialmente colonizzata da caducifoglie quali farnie, frassini, olmi, ontani, pioppi e poi da conifere come il pino marittimo, che hanno quasi del tutto sostituito la preesistente vegetazione di tipo nordico. La vegetazione spontanea si è molto differenziata secondo le zone: nei "tomboli" (dune antiche mobilizzate e colonizzate da vegetazione di tipo mediterrraneo) si caratterizza come sub mediterranea con la lecceta-pinetata, nelle "lame" (terreni depressi che si trasformano in palude o acquitrino per il ristagno di acque temporaneo o perenne anche a causa della superficialità della falda freatica) come bosco meso-igrofilo (bosco sviluppatosi in condizioni di umidità costante grazie alla disponibilità di acqua sul terreno, atipico nel contesto dell'ambiente mediterraneo) di caducifoglie tipiche delle originarie foreste.
Fra gli animali, facilmente osservabili, il daino, spesso in piccoli branchi ed il cinghiale, introdotti quando la tenuta era una Riserva di Caccia, ora in soprannumero. Avvicinandosi alla linea di costa in direzione di Bocca d'Arno si incontrano le zone umide più rinomate: le "Lame di Fuori", con elevata presenza di avifauna, soprattutto nel periodo di svernamento (anche migliaia di anatidi) e durante la migrazione primaverile (punto privilegiato di sosta per i trampolieri). Lungo tutta la linea di costa tra le foci dei due fiumi la Tenuta è cinta dalle sue alte dune aperte alla minaccia dell'erosione.
Fin dal tardo Medioevo quest'area è di proprietà della famiglia Salviati e dei vari rami discendenti. Al suo interno si trovano fattorie, maneggi, agriturismo. Attraversandola si arriva alla spiaggia di Marina di Vecchiano, pochi stabilimenti balneari ed un ambiente dunale naturale, da vivere rispettandone la delicatezza.
La Tenuta di Tombolo, con circa 5.000 ettari, occupa la fascia costiera meridionale del Parco tra l'Arno ed il Calambrone. Il nome della Tenuta deriva dal latino "tumulus", che significa "rilievo del terreno", ed indica chiaramente come il territorio abbia origine dai cordoni di dune costiere prodotte dal costante apporto dei sedimenti fluviali.
In epoca romana e medioevale l'Arno attraversava la Tenuta seguendo un corso assai diverso dall'attuale: uscito dalla città di Pisa scorreva verso sud-ovest tra la costa e l'abitato di San Piero a Grado dal latino "gradus", cioè scalo. Qui la tradizione vuole che fosse sbarcato San Pietro, nel cui ricordo fu costruita la meravigliosa basilica romanica del X-XI secolo. La Tenuta di Tombolo rimase per secoli di proprietà della Mensa Arcivescovile fino all'avvento dei Savoia, che la riorganizzarono con piantumazioni di pinete ed opere di bonifica, provvedendo anche al riassetto della rete viaria; fra l'altro fu ampliato e ristrutturato il Canale Navigabile dei Navicelli (1928-38), che assunse da allora un percorso rettilineo parallelo alla ferrovia ed all'Aurelia. Il litorale pisano, parte integrante della Tenuta, ebbe i primi insediamenti turistico-balneari a fine '800 a Marina di Pisa, frequentati e celebrati da D’Annunzio.
Negli anni '30 un vasto progetto con la fondazione di Tirrenia e la costruzione delle numerose colonie marine, precedette l'attuale sviluppo del litorale pisano. Terminato il conflitto bellico, l'area divenne in buona parte sede di insediamenti militari americani (Camp Darby) e più tardi italiani quali il Cisam (ex Camen). Il Tombolo Pisano rappresenta il confine biologico tra le foreste subatlantiche litoranee della Toscana occidentale e quelle mediterranee, esistenti a sud di Livorno.
Presente anche la quercia da sughero (Quercus suber), che si ritrova nel Parco unicamente nelle selve di Tombolo a testimonianza della maggiore "termofilia e mediterraneità" dell'area rispetto al resto del territorio del parco. Altra presenza di rilievo è la periploca maggiore, ampiamente diffusa in tutta la Tenuta. Da segnalare le vaste aree incolte e semi-palustri, con la flora propria di ambienti salmastri caratterizzata dalla presenza di salicornia fruticosa (Arthrocnemum fruticosum), salicornia europea (Salicornia europaea) e l'obione (Halimione portulacoides), ravvivati dalle delicate fioriture a fine estate del limonio comune (Limonium serotinum). La foresta più caratteristica dell'area è la lecceta, in parte ad alto fusto, con individui di notevoli dimensioni, ed in parte a ceduo in conversione. Ai margini delle depressioni umide, proprie dei frassineti, ricompaiono i boschi mesofili caratterizzati dalla prevalenza di farnia e carpino (Carpinus sp.). Qui sono presenti tutto l'anno il picchio rosso maggiore, il picchio verde, il picchio muratore ed in buon numero i colombacci, mentre la beccaccia si trova nel periodo invernale. Nei canali del bosco vivono consistenti popolazioni di testuggini acquatiche e le bisce d'acqua. Diffusa, nelle aree marginali al bosco, la vipera. Segnalato anche l'istrice (Hystrix cristata), seppur non numeroso, fino a non molti anni fa, qui al proprio limite settentrionale di diffusione.
La Tenuta di Coltano occupa una vasta estensione di terreni pianeggianti (oltre 3.000 ettari), in origine costituenti una vasta palude che si estendeva quasi fino all'abitato di Pisa. Significativi i reperti di insediamenti umani di epoca preistorica e notevoli quelli di epoca romana.
Nel periodo medioevale l'ulteriore "impaludamento" ridusse invece, in modo significativo, la presenza umana a Coltano. Soltanto a partire dal secolo XV, grazie alla famiglia dei Medici, fu avviato un processo di gestione unitaria del territorio, fino ad allora frazionato in proprietà private ed ecclesiali. Nel XVI sec. il Granduca Cosimo I fece iniziare la costruzione del Palazzo Mediceo, attuale centro del borgo, secondo il progetto del celebre architetto Bernardo Buontalenti e riuscì ad unificare definitivamente il territorio. Furono così avviati importanti interventi idraulici volti a risolvere l'impaludamento delle terre, anche se con esito limitato ed insoddisfacente. In seguito con i Lorena si intervenne nuovamente per il riassetto globale sia idraulico che viario. Tra le innovazioni si segnala l'inaugurazione della tratta ferroviaria Pisa-Livorno (1843: quarta ferrovia per ordine di tempo costruita in Italia). La Tenuta di Coltano diventò poi con l'Unità d'Italia una delle tenute di caccia del Re e dei suoi familiari. Nel 1911, Guglielmo Marconi installò poco lontano dal Palazzo Mediceo la celeberrima Stazione Radiotelegrafica, allo scopo di collegare Roma alle colonie italiane ed ai paesi europei. L'impianto fu poi potenziato per poter essere utilizzato anche per le comunicazioni intercontinentali e radiofoniche. Con la donazione all'Opera Nazionale Combattenti (1919), fu attuata la bonifica integrale che dette origine all'attuale assetto territoriale per una moderna e produttiva attività agricola. Centro della Tenuta è ancora oggi la Villa Medicea, punto di partenza per una conoscenza complessiva del territorio del Parco sotto l'aspetto naturalistico, storico ed ambientale con un importante Centro di Educazione Ambientale.