In età romana gli ingressi allo spazio urbano, i punti di passaggio dall'esterno all'interno, avevano una loro autonomia architettonica, che spesso corrispondeva anche a un'evoluzione del tutto separata da quella delle cortine murarie. In diversi casi, come probabilmente è accaduto ad Augusta Taurinorum, la porta poteva essere costruita ben prima che si elevasse la cinta muraria, con il solo scopo di monumentalizzare l'ingresso allo spazio urbano. Le porte erano quindi collocate su un perimetro astratto o segnato da una semplice palizzata, che divideva dal punto di vista amministrativo e religioso la città dalla campagna.
Verso la fine dell'età repubblicana le sperimentazioni architettoniche nella realizzazione delle porte urbiche portarono al perfezionamento di una tipologia che avrà molto successo, quella della porta con cavedio. Si tratta di porte doppie con un cortile aperto centrale e il lato verso l'esterno chiuso da una saracinesca o da battenti; alte torri laterali poligonali fungevano da rinforzo prima solo della cortina esterna e poi anche di quella interna. Il cortile interno, circondato da alte mura, aveva la funzione di monumentale vestibolo d'ingresso alla città, posto di controllo e probabilmente di riscossione dei dazi, e di eventuale trappola per gli assedianti che fossero riusciti a forzare la prima porta.